Il 2022 per noi è simbolo della ripartenza per eccellenza. Non solo abbiamo ricominciato ad organizzare viaggi, ma abbiamo anche ripreso la nostra attività sui social. Soprattutto, abbiamo ripreso in mano le live Instagram. La prima diretta dell’anno l’abbiamo fatta con Giuseppe Battista il 10 maggio e insieme abbiamo parlato di retrogaming. O, per meglio dire, è lui che ha accompagnato noi alla scoperta delle vecchie console per videogiochi. Vi siete persi la live e vorreste recuperarla? La potete rivedere qui. Oppure, potete leggere sotto.
Chi è Giuseppe Battista? Un grande appassionato di videogame, che ha iniziato a giocare con la tecnologia all’età di 10 anni. Il suo primo amore, in particolare, è stato il Master System di Sega. E questa passione l’ha portato a diventare un grande collezionista.
I primi giochi
Ma ora basta chiacchiere e ripercorriamo insieme lo sviluppo degli entertainment system dagli anni ‘70 ai giorni nostri.
Tutto, ci racconta Giuseppe, incomincia con le pong machine. Sono le primissime console domestiche e i giochi destinati a questi sistemi di intrattenimento risultano piuttosto rudimentali, per lo meno dal punto di vista della grafica. Chi è intorno ai 40 ricorderà senz’altro che inizialmente i videogame consistevano di una lineetta (o poco più) che si muoveva sullo schermo comandata da due paddle.
Certo, al pubblico questi giochi venivano proposti con nomi diversi. Ad esempio, c’era il tennis, il pong, e l’hockey. Tuttavia, a livello di esperienza erano tutti uguali. Sullo schermo si potevano vedere poche linee pensate per rappresentare un campo, da tennis o da hockey che fosse, e una “pallina” (o per meglio dire un quadratino). Poi due racchette, che erano gli unici oggetti che si muovevano. La “palla” rimbalzava da una parte all’altra dello schermo mentre le racchette si muovevano lateralmente per impedire che la pallina finisse fuori campo, facendo così fare punto all’avversario.
Cosa cambiava da un gioco all’altro? Sostanzialmente, la velocità del gioco. Anche le aziende italiane svilupparono questa tipologia di videogame. Come la Zanussi, che fu il primo brand nostrano a farlo.
Console per videogiochi anni ‘80
In seguito, arrivarono le console di seconda generazione, come l’Atari 2600, prodotta per l’appunto dal marchio Atari. Erano sicuramente prodotti più avanzati dal punto di vista dell’hardware, ma con la realizzazione di questi oggetti ci fu un progresso anche a livello grafico. Ad esempio, oltre alle solite racchette, c’erano giochi in cui era possibile vedere un omino che cammina.
Tuttavia, dopo un primo boom, le varie aziende iniziarono a commerciare giochi realizzati con pochi sforzi. In poche parole, prodotti scadenti. Un esempio è il videogioco di ET prodotto per Atari 2600. L’obiettivo era far uscire il videogame per Natale, così da spingere i bambini che avevano visto il film ad acquistare il prodotto. Purtroppo, però, questo oggetto venne realizzato in così poco tempo che il risultato fu disastroso. Non tanto a livello di grafica, quanto a livello di esperienza di gioco. In definitiva, il brand rimase con milioni di copie invendute, e così decise di seppellire parte delle cartucce in un discarica sita a Alamogordo, in Nuovo Messico. Di che anno si parla? Del 1983. Psst, se siete curiosi qui c’è lo spot natalizio che fecero uscire negli Stati Uniti per pubblicizzare il gioco.
Insomma, a causa del comportamento dei brand, che volevano guadagnare senza investire, nei primi anni ‘80 ci fu una grande crisi delle console.
Console per videogiochi vs computer
Questo vuoto permise l’arrivo alla ribalta dei primi computer, come il Commodore 64. I pc avevano un grande vantaggio: permettevano infatti non solo di giocare, ma anche di lavorare, quindi a fronte dei soldi spesi c’era la possibilità di utilizzare la macchina per diversi scopi. E c’era un altro vantaggio: i personal computer, infatti, all’epoca costavano meno. In definitiva, mamma e papà erano sicuramente più contenti di comprare un oggetto come questo che una console.
Il Sega Master System e la NES
Contemporaneamente, in Europa uscirono nuove console, come il Sega Master system e Il NES di Nintendo.
Anzi, volendo essere più precisi, fu il Sega Master System ad arrivare sul mercato italiano per primo, nel 1986. Il vantaggio di questa console? Ciò che la rendeva vincente non era il fatto che fosse dotata di giochi dedicati. Ma la cosa bella è che i prodotti dedicati erano videogame di qualità. Ad esempio ricordiamo Alex Kid, gioco già precaricato in memoria, e “Indiana Jones l’ultima crociata”.
Tuttavia, Nintendo ebbe la meglio. Questo fu dovuto anche al fatto che il brand fece una campagna di marketing martellante, in cui coinvolsero anche Jovanotti (ricordate la Nintendo mania?). Il sistema di Nintendo, poi, poteva contare su un parco di 700 giochi.
Un gioco per Nintendo Entertainment System molto amato dite? Senza dubbio Mario Bros 3.
Oltre al marketing, ci furono altri fattori che contribuirono al successo del brand giapponese. Innanzitutto, Nintendo si dotò di alcune regole per evitare che uscissero prodotti non all’altezza del marchio. In altre parole, se volevi realizzare dei giochi da proporre a Nintendo dovevano essere giochi di qualità. E poi l’azienda adottò delle strategie che le consentissero di mantenere un certo controllo sul mercato. Ad esempio, coloro che desideravano realizzare dei giochi per NES dovevano firmare un contratto di esclusività con Nintendo. Ancora, tutti i giochi dovevano essere dotati di cartucce antipirateria, ecc.
In seguito al Sega Master System e a NES, che funzionavano con tecnologia 8 bit, si passò a oggetti più avanzati, ovvero a Sega Mega Drive e Super Nintendo.
Poco prima che queste due console facessero capolino in Europa, però, uscì PC Engine, un oggetto prodotto da NEC che non aveva nulla da invidiare alle due super console.
Volete saperne di più sulla storia di questi sistemi di intrattenimento? Presto Giuseppe ci racconterà di più sull’argomento console per videogiochi. Stay tuned!